In questi luoghi — come Palazzo Sanfelice, capolavoro dell’architettura barocca napoletana, o Palazzo Serra di Cassano, con le sue geometrie solenni e prospettive monumentali — è possibile “perdersi”, smarrendo del tutto la funzione originaria delle scale. Il salire e lo scendere, l’inizio e la fine – di escheriana memoria – si annullano. Le forme ovali, accoglienti e fluide trasformano la scala in un’architettura autonoma, dotata di una propria estetica, che si fa emblema dell’intero edificio.
Il percorso prosegue attraverso altri palazzi storici come Palazzo di Majo, Palazzo Cimitile e Palazzo Trabucco, dove l’elemento scala mantiene un forte valore espressivo: non semplice passaggio, ma luogo di tensione tra spazio e luce, tra struttura e percezione.
Parallelamente, la serie si espande verso architetture di epoche e linguaggi diversi, tracciando un dialogo trasversale tra stili e visioni. Dallo scalone monumentale del Palazzo Reale, con la sua solennità neoclassica, alla scala scenografica della Chiesa di San Giovanni a Carbonara, ponte in pietra tra gotico e rinascimento; dalla leggerezza modernista della celebre scala elicoidale del Palazzo Mannajuolo, simbolo del Liberty napoletano, fino alla geometria rigorosa di Palazzo Ruffo della Scaletta, dove la simmetria si fa quasi metafisica.
In tutte queste architetture, la scala diventa protagonista silenziosa, e attraverso lo sguardo fotografico — in bianco e nero — si rivela nella sua essenza: forma che guida, che avvolge, che disorienta. Una continua variazione sul tema della verticalità, in cui lo spazio si trasforma in racconto.